Teologo polemista e riformatore religioso
italiano. Fu uno dei più radicali rappresentanti dell'antitrinitarismo
cinquecentesco. Sacerdote cattolico e professore di Lingue orientali a Padova,
in seguito all'adesione al Protestantesimo fu costretto a lasciare la
città per rifugiarsi dapprima in Austria e quindi in Svizzera, a Basilea,
dove nel 1547 pubblicò una grammatica ebraica. Recatosi in Polonia, fu
perseguitato come eretico e iconoclasta e dovette riparare in Prussia, dove
ottenne una cattedra a Königsberg. Tuttavia, a causa della sua eterodossia
rispetto al Luteranesimo, si trovò implicato in numerose dispute
teologiche che gli inimicarono i codificatori della teologia luterana, in
particolare Melantone, col quale polemizzò duramente, e A. Osiander
contro il quale
S. sostenne la tesi per cui Cristo era stato salvatore
secondo la sua natura umana. Costretto a lasciare anche la Germania, si
recò in Ungheria dove condusse una vita raminga non priva di ulteriori
polemiche teologiche (si scontrò anche con Calvino). Assertore di un
antitrinitarismo non condiviso dagli altri antitrinitari del suo tempo, che si
richiamava alla dottrina nestoriana più intransigente, ebbe vasta
influenza, soprattutto sullo sviluppo del riformismo polacco. Tra le sue opere
citiamo:
De Trinitate et mediatore domino nostro Jesu Christo (1562),
De trinitate et unitate Dei, deque incarnatione et mediatione domini nostri
Jesu Christi (1567) (Mantova 1501 circa - Stobnice, Polonia 1574).